Lo spazio diventa protagonista, dall’arte al Design un viaggio attraverso la storia.
Il modo in cui percepiamo lo spazio si modificherà in modo significativo alla luce dei nuovi sviluppi della tecnologia 3D, immersiva e totalizzante, che nel prossimo triennio vivrà un fortissimo impulso grazie alla diffusione della realtà virtuale come strumento di interazione con il mondo esterno.
Attraverso i dispositivi che già padroneggiamo e possediamo, come smartphone, smart tv, tablet e navigatori satellitari, la tecnologia 3D si integrerà con le nostre esperienze quotidiane, imponendo alla nostra mente una riprogrammazione della conoscenza spaziale.
La realtà oggettiva e quella virtuale, finiranno così per interconnettersi, sottoponendo il nostro cervello a stimoli sinestetici: il digitale fornirà informazioni e dati in tempo reale, ampliando la conoscenza della realtà oggettiva e permettendo di espandere i limiti della fisicità umana. Si tratta di una differente modalità di approccio allo spazio, che il mondo dell’Arte ha già indagato numerose volte, attraverso le opere di artisti visionari.
Essa possiede infatti una qualità unica e rara: un elevato grado di libertà e la possibilità di sperimentare al di fuori di qualsiasi ragione speculativa e utilitaristica. L’artista italiano Lucio Fontana, con l’opera Ambiente spaziale a luce nera, tra il 1948 e il 1949 si apre allo Spazialismo: un tentativo di superamento della superficie bidimensionale del quadro, avventurandosi attraverso il buco nero che si apre nel muro dell’Arte Informale. Si tratta, infatti, non di un’opera da esporre in galleria, bensì di un ambiente: un luogo oscuro in cui appaiono, appese al soffitto, forme tridimensionali con motivi organici e curvilinei, illuminati da luce violacea wood, che fornisce un senso di sospensione e fluttuazione. Lo straniamento percettivo amplifica le reazioni emotive personali con il proprio corpo.
A distanza di un pochi anni, nel 1967, l’italiano protagonista dell’arte cinetica e programmata Gianni Colombo, con il Gruppo T di Milano, realizza un’opera dal titolo Spazio elastico. Interrogandosi sulle implicazioni che le capacità di sentire e vedere hanno con la vita psichica dell’uomo, l’artista si è occupato di definire con esattezza scientifica la meccanica delle percezioni in particolari condizioni di spazio e di luce e delle risposte emotive che scaturiscono nell’uomo. “Si tratta un po’ di una rappresentazione, di una messa in scena di noi stessi che facciamo agire il nostro stato percettivo come soggetto stesso del lavoro”, è il suggerimento dell’artista, “entrate e portatevi avanti, all’interno del cubo tracciato dalla luce. Provate a sostare misurando con gli occhi lo spazio intorno a voi. Quando siete perfettamente immersi nel buio, il vostro sguardo si affida agli unici riferimenti visibili, ma essi oscillano. Verificate nel buio, dove sono le pareti. Cosa elabora via via la vostra mente? L’opera è composta da pochissimi elementi, la luce o la sua assenza, le linee ortogonali. L’esperienza in atto, il nostro modo di elaborarla psichicamente e il nostro comportamento sono il vero soggetto dell’opera”.
Se quelli citati sono illustri anticipatori di questo nuovo rapporto con lo spazio, altri ancora ai giorni nostri hanno indagato questa tematica. Rachel Wingfield, artista-designer inglese, è stata capace di trasformare uno spoglio e buio spazio urbano della periferia londinese, in uno luogo luminoso e meraviglioso, riconsegnandolo ai cittadini e stimolandone l’immaginazione.
Con Archilace, una maglia strutturale da lei stessa messa a punto, composta da una tessitura di cavi di carbonio e fibra di vetro, ha realizzato un telaio luminoso e leggero coperto poi da una membrana argentata forata, che riproduce una grande sfera celeste di 9900 stelle che s’illuminano con la luce del sole che penetra attraverso i fori.
Il pubblico è invitato a entrare in questo spazio contemplativo e calmo per riappropriarsi per un istante della serenità e riconnettersi con il proprio spirito. La magia di quest’opera è quella di trasfigurare qualcosa che era già presente sotto gli occhi di tutti, ma che nessuno era capace di vedere: uno spazio comune e quotidiano si trasforma in un ambiente siderale spalancato sull’Universo.
Anche Tomás Saraceno, architetto e artista argentino si dedica alla ricerca spaziale, ispirandosi a visioni utopistiche e alternative, che mettono in relazione arte, scienza e architettura, con la finalità di realizzare strutture leggere e sostenibili come Cloud Cities, presentata nel 2011 a Berlino.
All’interno di un sistema di sculture aree dalla sembianza di nuvole, i visitatori potevano tuffarsi e coabitare. Esperienza simile quella del 2013 presso l’Hangar Bicocca di Milano durante la mostra On Space Time Foam, in cui una struttura fluttuante costituita da tre livelli di pellicole trasparenti praticabili, era sospesa nell’aria a un’altezza elevata da terra e il pubblico la abitava con la sua presenza.
Per concludere, la recente mostra milanese Crossover, dell’artista polacco Miroslaw Balka, ha portato il pubblico di fronte a opere apparentemente rassicuranti, anche se lontane dal concetto di tele appese al muro della galleria, ovvero installazioni che richiedevano una partecipazione sensoriale ed emotiva con tutto il proprio corpo.
Si è trattato di una mostra antologica, un percorso espositivo da vivere e percorrere, come con l’opera The Right Path, un tunnel a forma di L realizzato all’interno di container da attraversare al buio, per superare la paura dell’ignoto e dello sconosciuto.
In questi modi l’Arte ha anticipato la realtà e ciò che le persone sono chiamate a fare oggi: imparare rapidamente una nuova gestualità per padroneggiare lo spazio che le circonda, a causa della velocità dell’innovazione informatica e della massiva diffusione di tecnologie che integrano sensori di movimento. Come per esempio l’air gesture, che permette di interagire con dispositivi elettronici e muoversi all’interno di uno spazio virtuale semplicemente attraverso dei gesti fisici del corpo e le tecnologie touchless ad attivazione vocale che richiedono di esprimersi con un linguaggio nuovo, per il momento più sintetico e asciutto.
Level è impegnata su questo fronte grazie al nuovo centro di ricerca LevelHUB, uno spazio pensato per la sperimentazione e lo sviluppo concreto del concetto di Smart Working, una modifica del paradigma dell’ufficio che parte dalla constatazione che tutto dovrà essere connesso e flessibile, per assecondare in tempo reale le esigenze delle persone. In questo modo sarà possibile per Level proporre un altro modo di vedere le cose, attraverso un punto di vista creativo e originale che interpreti le nuove modalità di fruizione dello spazio e che miri al miglioramento della vita in ufficio semplificandola e rendendola sempre più smart.
Image courtesy
Lucio Fontana, Ambiente spaziale a luce nera
Gianni Colombo, Spazio elastico
Rachel Wingfield, Archilace
Tomas Saraceno, On Space Time Foam
Miroslaw Balka, The Right Path