Una riflessione sul ruolo dell’arte sul benessere, con un approfondimento sull’Artherapy, disciplina riconosciuta da numerosi studiosi che indaga l’impatto della bellezza delle opere sulle persone.
Abbiamo forse bisogno di una prescrizione medica per visitare un museo? A quanto pare si! È proprio quello che accade in molte parti del mondo. Arte come cura dell’ansia e dello stress, fattori in costante crescita nelle nostre congestionate e caotiche città. Il tema della salute mentale è ormai parte integrante dei programmi dei più grandi musei internazionali. Basta pensare che in Gran Bretagna esiste da almeno vent’anni un programma nazionale di politiche sociali “Arts on Prescription”, in cui il medico di base può prescrivere al paziente di svolgere attività culturali e artistiche.
I progetti legati all’arte di Level Office Landscape
Dunque non ci siamo sbagliati quando abbiamo lanciato il progetto Arte nelle scuole, Arte in ufficio e in altri luoghi non convenzionali, in cui non ci si aspetterebbe mai di trovare l’arte e la bellezza. E d’altronde non ne abbiamo mai fatto mistero, il nostro riferimento è sempre stato uno soltanto: Adriano Olivetti e la sua idea di impresa.
Non solo ne abbiamo scritto, teorizzato e documentato attraverso esempi (molti dei quali – per non dire tutti – all’estero), ma anche attraverso un impegno concreto, con le realizzazioni uffici e headquarter per numerose aziende. Progetti di uffici contemporanei in cui Massimo Gianquitto ha garantito la curatela in accordo e in sintonia con i committenti, che hanno incaricato l’azienda di realizzare gli uffici con un tocco di bellezza in più.
Come la recente realizzazione di Bene Assicurazioni, in cui il lavoro degli artisti Camilla Falsini e Ortica Noodles si fonde con un design contemporaneo, concepito per assecondare l’activity based working e fornire ai dipendenti tutto ciò di cui hanno bisogno in termini di spazio. Stesso discorso per Tecnoferrari, dove il bistrot aziendale incorpora un’opera site specific dello street artisti Etnik.
I musei che praticano l’Artherapy
Sono tanti, dunque, gli altri esempi di Artherapy da citare, come l’ArtScience Museum di Singapore che ha lanciato nel 2020 un progetto dal titolo esemplificativo: Art of Being Calm (l’arte di essere calmi). Oppure le National Gallery of Scotland che ha condiviso con l’ospedale infantile di Edimburgo veri e propri laboratori artistici. Dal Canada alla Nuova Zelanda tanti progetti mirano a far condividere alle persone esperienze di creatività e socialità in un mondo in cui la solitudine è in aumento.
Lo scopo di queste iniziative non è solo quello di far sentire i visitatori, o meglio le persone, sicure durante le attività museali e artistiche, ma aumentare la comprensione, il riconoscimento e l’accoglienza, riducendo l’insorgenza di malattie mentali, favorendo al contempo l’integrazione e lo cambio. Si tratta di offrire una straordinaria occasione di educazione, che favorisce anche la riflessione personale, producendo un benessere psicologico.
Il museo, oppure la fabbrica e gli uffici, diventano così uno strumento di connessione tra l’individuo e la comunità costituita da lavoratori, fornitori e clienti che frequentano e vivono la realtà dell’impresa, migliorando la percezione di sé stessi e degli altri. Perché non siamo isole, ma arcipelaghi.