Grande successo per l’evento su Arte e rigenerazione urbana del 27 gennaio 2024 che, all’auditorium Mary Ward del Collegio Villoresi di Merate, ha riunito professionisti del mondo dell’architettura e artisti per un dialogo sul ruolo dell’arte nella riqualificazione urbanistica.
Un evento per evidenziare la coesione tra arte e urbanistica
Sabato 27 gennaio, dalle ore 10:00, tanti giovani studenti hanno riempito le poltroncine rosse dell’auditorium del Collegio Villoresi di Merate, insieme a esperti e professionisti della progettazione, intenditori e semplici appassionati d’arte. Al microfono, durante la mattinata, si sono alternati gli interventi di numerosi ospiti che hanno raccontato l’importanza di rendere le nostre città più belle, riqualificando le aree più disagiate partendo dalla street art.
Massimo Gianquitto, ceo di Level Office Landscape ha introdotto i talk raccontando le motivazioni che lo hanno spinto a organizzare la conferenza insieme agli Ordini degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della provincia di Monza e della Brianza e di Lecco, presenti con i presidenti Michela Locati e Anselmo Gallucci e con il Rotary Club Merate, sul palco con il presidente in carica Nicola Piazza.
Arte e rigenerazione urbana: il valore degli spazi
Il tema ha coinvolto fin da subito il pubblico, nonostante a prima vista potesse sembrare astratto e lontano dalla quotidianità. Con la pandemia, le città di tutto il mondo hanno iniziato, per necessità e non per virtù, a rimettere mano alle strade, alle piazze, agli spazi pubblici. È stata l’occasione per ripensare agli spazi condivisi e ai tempi con cui si vive la città, rimettendo in discussione certezze e abitudini.
Negli ultimi anni è certamente cresciuta l’attenzione verso l’ambiente, il consumo del suolo, le risorse idriche e la protezione della biodiversità grazie a progetti di rigenerazione urbana sull’edilizia esistente e alla promozione di piani di riforestazione urbana per limitare l’inquinamento. Come afferma Elena Granata, professoressa di Urbanistica al Politecnico Milano nel suo interessante libro dal titolo: “placemaker” il nostro tempo ci suggerisce di affrontare i nuovi cambiamenti attraverso un diverso approccio rispetto alla tradizionale pianificazione urbanistica.
Chi sono i placemaker
L’autrice propone la soluzione nell’individuazione di nuove figure appunto i placemaker “designer di luoghi”, inventori di spazi che ancora non esistono e che devono essere progettati. Nuove figure che cercano di restituire il senso e vita a luoghi che l’hanno persa: una nuova categoria di individui che rivolgono la propria attenzione agli scarti della città, luoghi abbandonati, muri ciechi e capannoni inutilizzati, con l’idea di rigenerare e reinventare partendo dall’esistente, riconnettendo fra loro spazi che sono separati e privi di vitalità.
I placemaker guardano le città dal basso e uniscono immaginazione e capacità d’impresa, trasmutando le idee in un progetto vivo che trasforma un luogo. Questi costruttori di spazi non sono necessariamente architetti, ingegneri, urbanisti, addetti del settore delle costruzioni e dello sviluppo immobiliare, politici o scienziati. Tutt’altro, sono giovani creativi con formazioni differenti tra loro, con percorsi variegati, professionisti ibridi capaci di conciliare immaginazione e creatività, che mescolano competenze diverse e saperi che superano l’assurdità dell’idea che lo specialismo sia la strada maestra.
Non agiscono solo su spazi fisici, ma anche sui comportamenti umani, sui sentimenti e sugli stili di vita perché sanno che è in gioco la convivenza della comunità. Sono designer innovativi che osano pensare di poter fare qualcosa che non è stato mai fatto prima e lo fanno.
Le testimonianze degli artisti e dei curatori sulla rigenerazione urbana
Florinda Saieva con lo stesso pathos, ha illustrato i progetti che porta avanti da anni insieme al marito e alle figlie a Favara, all’interno di Farm Cultural Park, un luogo dove la bellezza invade le strade e porta ospiti internazionali a visitare la città. I progetti partecipativi di street art raccontati da Pao e Cristian Sonda hanno incantato gli studenti presenti, per la loro originalità e il modo di coinvolgere i più piccoli nella vita di quartiere, educandoli a rispettare gli spazi della città.
Giorgio Bartocci ha mostrato il progetto realizzato con la casa editrice Zanichelli per la sede di Bologna, che ha messo in connessione il linguaggio contemporaneo della street art con il centro storico cittadino. Infine, Walter Contipelli (Orticanoodles) ha mostrato come, con un progetto collettivo, tutta l’area dell’Ortica a Milano sia stata riqualificata e oggi attragga turisti da tutto il mondo, in visita per ammirarne le opere di street arte che, dai muri, hanno conquistato anche le facciate di interi palazzi.
La chiusura della mattinata è stata portatrice di un chiaro messaggio per i più giovani, i placemaker, sperimentatori e innovatori di domani. Saranno loro a cambiare i luoghi in cui oggi viviamo, stando pronti a raccogliere la sfida di creare un mondo più bello di quello che hanno ricevuto in eredità. “Vi incito a pensare senza schemi preordinati e fuori dai campi di specializzazione, al di là dai comparti prestabiliti”, ha concluso Massimo Gianquitto. “Perché la creatività ha bisogno di spregiudicatezza per immaginare un futuro migliore”.